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"L'uomo libero è colui che ha molti obblighi verso gli altri, verso la città e verso il luogo in cui vive" (M. Benasayag)

lunedì 12 maggio 2014

CIsiamoPERSIiBAMBINI

Stiamo perdendo il concetto di “genitore”


Gli adulti sono, quasi sempre, coloro che creano “il futuro”. Hanno infatti il compito di educare i più piccoli ad imparare come affrontare una certa situazione, a relazionarsi in un determinato ambiente, a seguire delle certe regole. Se gli adulti non educano bene i giovani, la società del domani sarà in uno stato di degrado.
Analizziamo la figura degli adulti come Genitori. In particolar modo essi sono responsabili dei comportamenti dei figli, minorenni e non. Spesso si sentono notizie di bambini in discoteche, ragazzini che fumano o si drogano, bambine che vendono il proprio corpo senza il minimo pudore. Di fronte a tutto questo, non c’è da chiedersi cosa sia passato per la testa al bambino, ma se ci sia una presenza paterna o materna che guidi il figlio nelle scelte giuste o sbagliate. I genitori al giorno d’oggi sono sempre meno presenti nella vita dei figli, per questo i giovani si trovano da soli ad affrontare le scelte della vita. Non tutti in fatti riescono a seguire la direzione giusta, la “retta via”.
I genitori dovrebbero essere un esempio per il bambino, da stimare ed apprezzare. Per questo è necessario che essi mantengano un comportamento esemplare che stimoli i figli ad agire allo stesso modo. Ma a volte, i genitori iniziano subito dando il cattivo esempio, con comportamenti inadatti al ruolo che ricoprono e senza essere presenti a sufficienza. Questo ha chiaramente delle conseguenze sul pensiero del piccolo.
Gli adulti pensano che educare un figlio sia qualcosa di semplice e che può essere trascurato. Con il tempo, il ruolo del genitore inteso come “educatore” è andato perduto.


La maggior parte dei genitori e degli educatori di oggi - spiega Marina D'Amato, autrice di Ci siamo persi i bambini -, accompagnati dai media che fanno loro da eco, pensano che i bambini siano la fonte della preoccupazione. La metodica che ne deriva è quella di dover gestire il loro tempo, di doverli organizzare continuamente per farne dei "piccoli capolavori"
Alla adultizzazione sempre più precoce dei bambini fa da contrappunto la infantilizzazione massiccia degli adulti. Ecco perché madri e padri si vestono nello stesso modo dei figli, perché ambiscono a fare gli stessi giochi, perché lo sport non è più uno strumento mentale, oltre che fisico, per imparare che si può competere senza confliggere, ma diventa la prova delle capacità di questo "essere" che deve diventare esemplare, unico, assoluto.
La dimensione prevalente dell'adulto di oggi è quella della ricerca della complicità: l'adulto non è più un essere responsabile che si allea con i piccoli in vista di un progetto educativo, ma mettendosi sullo stesso piano del bambino, ne vuole diventare amico e complice. La preoccupazione diventa l'alibi dell'attenzione.


Fanno le stesse cose degli adulti, si vestono come loro, guardano la tv, giocano con i videogiochi, navigano su internet, praticano gli stessi sport, parlano con un uguale numero di vocaboli, usano gli stessi gesti, hanno pochi giocattoli ma moltissimi gadget. Sono i bambini dei nostri giorni, i bambini adulti, figli di adulti bambini. Più imparano, più rapidamente crescono, meno responsabilità hanno coloro che se ne dovrebbero prendere cura. Divorati dall’ansia, i genitori preferiscono delegare alla scuola, ai vecchi e nuovi media, alle tecnologie, all’associazionismo, il compito di accudire, crescere ed educare alla vita adulta. Perché esistono i bambini ma è scomparsa l’infanzia? Come sono e come dovrebbero essere gli adulti che hanno il compito di farli diventare grandi?